Articolo estratto dal testo “Negoziazione Interculturale. Comunicazione oltre le barriere culturali“, copyright FrancoAngeli Editore e Daniele Trevisani, pubblicato con il permesso dell’autore.
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La dimensione temporale e la percezione che ognuno di noi ha del tempo comunicativo variano su base culturale. Per questo motivo è importante analizzare attentamente questa tematica e imparare ad utilizzare con efficienza i tempi comunicativi negoziali.
La negoziazione è una sequenza di attività comunicative nella quale i partecipanti si impegnano per raggiungere un risultato reso possibile solo da una forma di accordo tra le parti. Trovare l’accordo che soddisfi entrambi, e capirsi bene, sono quindi fattori di successo evidenti, e impegnano il tempo comunicativo.
Ogni negoziazione si può considerare interculturale quando i soggetti che vi partecipano provengono da culture diverse, sono portatori di un bagaglio di esperienze diverse o utilizzano linguaggi diversi.
La diversità immette nel campo negoziale ampi margini di errore e fraintendimento: ogni messaggio che funziona nella propria cultura rischia di essere frainteso nelle culture diverse dalla propria. Una delle dimensioni di maggiore variabilità culturale è il “senso del tempo” e la gestione del tempo (time management), e questo lo ritroviamo anche nei tempi della negoziazione.
Ogni cultura ha i propri “tempi negoziali” e prassi negoziali latenti, così come il tempo ha valori e strutture diverse: per un negoziatore italiano, per esempio, può essere necessario concentrarsi sulla storia di chi ha di fronte, valutare la sua credibilità, e fare dei test, dei piccoli passi di avvicinamento prima di concludere qualcosa di grosso; mentre per un negoziatore statunitense avremo una diagnosi del potenziale del soggetto, una valutazione di quanto l’accordo con questo soggetto può rendere, e un immediata concretizzazione.
Teniamo sempre in considerazione che questi timelines sono estremamente variabili anche all’interno della stessa cultura, e che nulla garantisce che un brasiliano chiunque altro si comporti secondo il timeline stereotipico e sia “maschera” della propria cultura.
Quando la negoziazione interculturale prende piede, i diversi modi di concepire il contatto rischiano di trasformarsi in scontro, o in disagio per entrambe le parti.
Ogni volta che un diverso sistema culturale (valori, credenze, pensieri, convinzioni, modi di espressione) viene a contatto, abbiamo un certo grado di interculturalità, e la diversità è spesso molto più ampia di quanto pensiamo.
Il contatto tra culture è una dimensione sia di stress che di crescita formidabile per l’essere umano. I risultati della diversità possono produrre creatività ed eccitazione, ma anche incomprensione e disaccordo.
Uno dei suggerimenti più importanti per i negoziatori interculturali è quello di cercare di condividere un timeline negoziale, cercare un’intesa sul metodo per collaborare efficacemente, ed evitare disaccordo e incomprensione.
Le radici del disaccordo sono da ritrovare sia (1) nell’incomprensione, nel non capire i segnali lanciati dall’altro, decodificarli erroneamente, o (2) nelle divergenze ideologiche di fondo.
Le radici dell’incomprensione stanno invece nella complessità dello scambio informativo umano, nella dimensione tecnica della comunicazione.
Le persone che operano nella stessa cultura sanno muoversi all’interno di un timeline condiviso, sono generalmente in grado di comprendere le sottili differenze sottostanti l’uso delle parole, i segnali non verbali, i gesti, le espressioni corporee, mentre chi non condivide questo bagaglio ne è spesso al di fuori.
Queste diverse basi di partenza, se non ben comprese da entrambi gli interlocutori, generano una situazione interculturale latente che può portare all’inefficacia della relazione (nei casi migliori) o al conflitto (nel caso peggiore).
In ogni conversazione o negoziazione, idealmente, gli interlocutori devono essere consapevoli delle diversità culturali in gioco.
Il grado di comprensione della dimensione interculturale dovrebbe essere – a livello ottimale – presente in entrambi gli interlocutori. È sufficiente tuttavia che anche solo uno di questi avvii una consapevolezza aumentata affinché aumentino le chance di migliorare la comunicazione.
Da un lato, quindi, la consapevolezza delle dimensione interculturale è un fattore positivo per il rapporto. Da un altro lato, essa diviene leva di potere. Il potere della conoscenza (power of knowledge) delle dinamiche di comunicazione interculturale si traduce nel vantaggio pratico del capire – meglio dell’altro interlocutore – “cosa sta succedendo qui”, e determina quindi potere della consapevolezza (power of awareness).
Il tempo soggettivo inoltre può scorrere attraverso un libero fluttuare dell’esperienza, o – sul lato opposto – entro schemi rigidi e strutturati.
Per concludere quindi possiamo affermare che, per quanto riguarda i tempi negoziali, la comunicazione efficace richiede:
- La capacità di dare struttura ai tempi negoziali, identificando le fasi attraverso le quali si intende procedere.
- La capacità di immettere nelle strutture dei tempi negoziali sia una struttura adeguata ai nostri goals, che un grado di adattamento alla cultura della controparte.
Per approfondimenti vedi:
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